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Persone, impresa, lavoro, innovazione, futuro.

17. gennaio 2012 16:21
by Alessandro Nasini
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Su Twitter, metteteci la faccia

17. gennaio 2012 16:21 by Alessandro Nasini | 0 Commenti

Complice (come spesso, come sempre) la televisone e qualche V.I.P. nostrano, molti italiani hanno improvvisamente scoperto Twitter. Sulla stessa onda mediatica, anche professionisti e aziende stano correndo ad aprire profili personali ed aziendali.

Nulla di male nella scoperta tardiva, c'è tutto il tempo per recuperare. Però, pochi gli errori consentiti agli ultimi arrivati, perché su Twitter ci sono già milioni di utenti e tra questi gli italiani sono tra i più agguerriti e in qualche modo gelosi del fatto di essere stati early adopter.

In questi giorni sto avviando gli account Twitter per alcuni nuovi progetti che sto seguendo e sto scegliendo con una certa cura gli utenti da seguire con ciascun account. Per la maggior parte si tratta di persone, aziende ed enti dei quali so già parecchio, ho le email, i numeri di telefono ed il sito web, in molti casi sono contatti personali su altri canali e media.

Sto facendo però una fatica bestiale a capire se gli account che trovo facendo ricerche su Twitter corrispondano o meno ai contatti che cerco: mancano le facce, mancano i logo, mancano le descrizioni di un numero molto alto di account. Paperelle, uova, prati fioriti, personaggi dei comics, gattini: c'è di tutto tranne che un'immagine o una descrizione che serva ad identificarli con ragionevole certezza.

E' come se sulla vostra patente ci fosse, al posto della vostra foto, il cagnolino di quando eravate piccoli o la prima bici con le rotelle. Molto simpatico, al limite divertente per un account personale per parenti e amici, ma assai poco utile per l'account di un professionista, di un manager, di un'azienda.

Datemi retta, metteteci la vostra faccia e fatevi riconoscere. E già che ci siete, non la foto di quando avevate quindici anni di meno. Che tanto le rughe sono arrivate a tutti ed i capelli dei vent'anni sono andati via da tempo. 
 

16. gennaio 2012 17:30
by Leo Sorge
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Materiali coraggiosi

16. gennaio 2012 17:30 by Leo Sorge | 0 Commenti

Scienza e conoscenza dei materiali, scarsa qualità del servizio, scarsa attenzione al marketing internazionale. E' così che gli italiani perdono un'altra possibilità di competere nel mondo non solo in termini di prestigio ma anche e soprattutto per fatturati importanti. E' questo quanto rivela Awareness Survey Usa, un'indagine dell'Ice di qualche mese fa. Sull'argomento è godibile un articolo di Luca Tremolada sul Sole 24 Ore.

Complessivamente, per noi italiani gli indicatori sono sostanzialmente negativi. Eppure storicamente il Belpaese ha una conoscenza profonda dei materiali i più vari, non solo per aver montagne ricche di pietre diverse, o per aver prodotto campane e cannoni in quantità, ma anche per aver inventato alcune plastiche (chi ricorda il Moplen?).

La tendenza a teorizzare e sperimentare, poi, porta ad usi anche molto diversi degli stessi materiali. E ad eccezionali competenze sui materiali corrisponde sempre una qualità elevata dei prodotti.

In particolare, l'indagine dell'Ice mostra che nel confronto con gli altri due colossi (slide 12), Germania e Giappone, perdiamo decisamente con i tedeschi ma siamo leggermente superiori ai nipponici. Sorprendente ma documentato. Dando uno sguardo d'insieme, siamo ultimi solo per il tempo di adozione delle nuove tecnologie, che certo non è poco e conferma la scarsa agilità del nostro sistema.

Qualche indicazione risulta evidente dai dati dell'Ice.

Se vogliamo andare ad aggredire mercati più interessanti e più grandi di quella americano, come ad esempio Cina, Brasile o India, occorre produrre a prezzi più bassi. I mercati tradizionali dell'Occidente stanno rallentando. E' naturale guardare altrove, ma altre aree -come India, Cina e altri Bric o asiatici, hanno logiche e modalità di ingresso diverse da quelle tradizionali. E l'Italia, priva di attenzione al marketing, paga pegno.

5. gennaio 2012 19:42
by Alessandro Nasini
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Aspettando la cometa

5. gennaio 2012 19:42 by Alessandro Nasini | 0 Commenti

Pensavo di aver capito che la situazione era grave, gravissima, il tempo da perdere poco se non addirittura esaurito. E invece leggo, sento e vedo troppi che "aspettano la cometa", come si dice a Roma.

Il Governo fa sapere - per carità, con stile impeccabilmente compassato - che i provvedimenti per lo sviluppo arriveranno. Entro tre mesi.

I politici, quelli che fanno in bello e il cattivo tempo dei nostri destini, si riposano delle loro fatiche riposando al sole di isole lontane (quelli più sfacciati) o rintanandosi in baita con polenta salsicce. Poco cambia nella sostanza.

Pensavo di aver capito che la situazioni quasi disperata richiedeva impegno e sforzi eccezionali: mi aspettavo task-force di migliaia di tecnici alloggiati intono ai centri decisionali del paese, sostenuti dalla protezione civile, impegnati 18 ore al giorno nell'analizzare, discutere, progettare, risolvere, realizzare.

E invece nulla, o quasi nulla. Un calma serafica, un sereno taglio di panettoni e pandori, telegiornali che parlano di come perdere il kiletto di troppo accumulato con le feste, programmi tv e gionali invasi dai racconti delle star dei reality della prossima stagione.

Con calma dunque, aspettiamo la cometa per alzarci e metterci in cammino. E se la cometa non passasse? Che facciamo, rimaniamo in attesa per sempre?