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29. maggio 2012 10:48
by Alessandro Nasini
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Di Parmigiano Reggiano, terremoto, arance, Amazon ed altre storie.

29. maggio 2012 10:48 by Alessandro Nasini | 0 Commenti

L'Emilia è stata colpita da un terremoto. Non una scossettina, una brutta botta che ha fatto morti e danni. Tra i danni ingenti, molti danni a caseifici che producono il Parmigiano Reggiano, simbolo di una regione e della cucina italiana. Migliaia di forme di Parmigiano, che aspettavano tranquille nei capannoni di stagionatura di raggiungere i 18, 24 o 30 mesi per essere commercializzate sono rimaste danneggiate per la caduta dagli scaffali.

Non entro nel merito (anche se la tentazione ce l'avrei) di come fossero realizzati i capannoni e di come quegli scaffali altissimi sfidassero leggi della fisica e buon senso, ma non è questo il punto e non è questo il momento.

A qualcuno è venuto in mente di cercare di vendere il parmigiano danneggiato direttamente dalla fabbrica, intero (si fa per dire) o grattugiato. Fin qui nulla da dire: iniziativa intelligente, un possibile aiuto immediato e concreto ai produttori per ripartire. I guai sono cominciati - io almeno così la vedo - quando si è cominciato a parlare di prezzi al kilo, di come pagarlo, di come riuscire a averlo. Abbiamo capito subito di essere in Italia: pezzature incerte, pagamenti anticipati con bonifico bancario, modalità e date di ritiro in loco molto poco chiare, prezzi all'ingrosso  "scontati" spesso superiori a quelli normalmente praticati al dettaglio in molti supermercati. Un caos insomma.

Mi è tornato in mente quando qualche anno fa l'Etna decise a sorpresa di stupire siciliani e turisti con una eruzione di cenere che annerì tonnellate di arance, fantastiche arance siciliane mature e pronte da cogliere. Arance perfette, perfettamente commestibili (secondo chi poté assaggiarle, una leccornia) ma con la buccia nera di vulcano. Avrei pagato uno sproposito per avere una cassetta di quelle arance, poteva essere una occasione fantastica per promuovere un prodotto eccezionale e invece non se ne fece nulla. Ed io non riuscii a comprarle. Certo, sarei potuto partire da Roma in auto, arrivare in Sicilia ed andarle a comprare dal produttore. Forse, perché se non ricordo male la normativa impediva ancora la vendita diretta da produttore a consumatore.

Poi mi è venuto in mente Amazon. Che non vende Parmigiano Reggiano e non vende arance di Sicilia (non ancora, almeno) e la mostruosa macchina commerciale e logistica che ti permette di ordinare un libro o un computer, un paio di scarpe o un frullatore alle 5 del pomeriggio e riceverlo la mattina dopo alle 11. Pagando con lo strumento che vuoi, da dove sei, spesso senza pagare il trasporto.

E mi è venuto un certo sconforto, non trovando spiegazione nel fatto che abbiamo in Italia dei "giacimenti" quasi infiniti di prodotti eccezionali che il mondo vorrebbe comprare. Ma non con bonifico bancario e ritiro obbligato in fabbrica.

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